Le prime testimonianze di un gruppo di suonatori al servizio del comune di Siena, risalgono addirittura al Duecento. Essi venivano chiamati a svolgere varie mansioni di tipo civile e militare, sia pubbliche che private. Accompagnavano la Signoria quando usciva in forma ufficiale, suonavano durante i sui pasti, prima e dopo le adunanze e per ricevere qualche personaggio arrivato in visita nella città.

In cambio dei loro servizi, il comune retribuiva i suoi suonatori  con un salario mensile, vitto, alloggio e vestiario. Fino alla metà del 1200 gli unici strumenti presenti in questo gruppo musicale, erano cembali e tamburi. I primi andarono scomparendo con l’introduzione, dal 1257, dei tubatores (i suonatori di strumenti a fiato); mentre i tamburi riuscirono ad integrarsi benissimo anche nel nuovo insieme.

La varietà degli strumenti impiegati continuava a crescere, fino ad arrivare all’inizio del 1300, quando l’organico musicale era costituito da: tuba (che serviva per gli squilli di ordinanza), trombetta (simile all’odierna), cialamella (dalla quale sarebbero derivati il clarinetto e l’oboe) e nacchere (che corrispondevano a due timpani coperti da una membrana). Per molto tempo, tutti questi strumenti vennero forniti alla Signoria dagli orafi senesi che divennero i forgiatori ufficiali.

I Governatori della Repubblica di Siena curavano il buon andamento della loro istituzione musicale, ma questo non bastò ad evitarne un profondo deperimento, causato dalla enorme crisi sociale ed economica che stava attraversando alla metà del 1300 tutta la penisola. Proprio durante questo secolo però, si diffusero dalla Germania altri tipi di strumenti a fiato: zufoli, cornetti, bombarde e tromboni, designati con il nome generico di pifferi, dei quali, nella nostra città, troviamo per la prima volta testimonianza in un documento del 1382. È in questo momento che il “concerto” (la banda), cominciò a risollevarsi e ritrovare il suo antico splendore.

Negli anni, l’importanza di quest’istituzione era cresciuta in modo considerevole, tanto che, fin dall’inizio del 1500 si sentì il bisogno di istituire una scuola di musica, che sarebbe servita per preparare in modo appropriato i futuri suonatori, i quali, per entrare a far parte del “concerto”, dovevano sostenere una prova d’abilità davanti al supremo concistoro.

Alla direzione del “concerto” di Siena, si alternarono musicisti di fama nazionale, fino ad arrivare a Giuseppe Salulini, con il quale il complesso strumentale raggiunse i più alti livelli, tanto da essere reputato uno dei migliori della penisola. Nonostante questo, il Gran Duca di Toscana, nel 1785, ne ordinava la soppressione per una riforma economica. In realtà però, la completa eliminazione non è da considerarsi avvenuta, visto che, secondo le norme dettate dalla riforma, la fine del concerto doveva avvenire solo dopo la morte dei suonatori che ne facevano parte.

La seconda metà del 1700, fu il periodo del risveglio. Il concerto si riforma e si fa anche più numeroso. Nel 1792, infatti, fu totalmente modificato: oltre ai cornetti e ai tromboni, si facevano spazio il clarinetto, l’oboe, il fagotto e il corno da caccia; in più, qualche anno dopo, ottenne la concessione di portare la divisa del reggimento parmigiano di stanza a Siena.

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